Lo strano cervello del più grande arrampicatore del mondo
Alex Honnold, un americano poco più che trentenne è considerato il maestro del “free solo climbing”, disciplina che prevede la salita di pareti verticali senza l'ausilio di funi, imbracature o qualsiasi equipaggiamento protettivo. Se si sbaglia durante quelle salite, si muore. Come può Alex Honnold fare quello che fa? Come riesce a non avere paura o, se ne ha, come la controlla?
La neuroscienziata cognitiva Jane Joseph della Medical University of the South Carolina conduce studi sul cervello delle persone che sono alla ricerca di sensazioni forti e sono disposte a prendersi dei rischi pur di provarle. Nel 2016 la dottoressa Joseph ha voluto studiare come si comporta l’amigdala di Alex Honnold, il giovane californiano celebre per le sue arrampicate al limite del suicidio. La ricerca si è concentrata sull’amigdala, la parte del cervello che fa da centralina di controllo delle emozioni e della paura in particolare. L’indagine si è avvalsa della tecnica di Risonanza Magnetica funzionale (fMRI), che consiste nell'uso dell'imaging a risonanza magnetica (MRI) per valutare la funzionalità d’organo, in maniera complementare all'imaging morfologico. Questa tecnica è in grado di visualizzare la risposta emodinamica (cambiamenti nel contenuto di ossigeno del parenchima e dei capillari) correlata all'attività neuronale del cervello.
Principalmente lo studio ha provato a rispondere a due domande: in primo luogo, se Honnold avesse un'amigdala sana. In secondo luogo, cosa lo spingesse a fare queste attività tanto pericolosa.
La dottoressa Joseph non ha trovato nulla di patologico nel cervello di Honnold. La sua amigdala era presente e non sembrava danneggiata. Tuttavia, non ha mostrato alcuna attività, anche quando il team di ricerca ha mostrato una serie di immagini studiate per ottenere reazioni (foto di cadaveri, di un water straripante di feci, di alpinisti in bilico sull’orlo di precipizi). Un altro scalatore, usato come controllo, ha reagito come previsto, invece l’amigdala di Hannold è rimasta in silenzio. Se ci fossero state lesioni visibili nell'amigdala o se si fosse riscontrata la malattia di Urbach-Wiethe, ci sarebbero state forti ragioni per sospettare che il suo comportamento spericolato derivasse da quel danno; ma così non è stato. Forse c'è un danno troppo sottile da rilevare? O forse qualche meccanismo sta sopprimendo l'amigdala? Forse in questo ha un qualche ruolo la corteccia frontale?
Anche la risposta alla ricompensa ha mostrato risultati interessanti. Quello che normalmente innesca reazioni, in Hannold non lo faceva. Fondamentalmente, secondo la Joseph, Honnold è alla ricerca di sensazioni estreme. I compiti di ricompensa di base non erano abbastanza interessanti per lui. L’ipotesi è che i cercatori di sensazioni forti, come lui, necessitino di stimoli davvero potenti per accrescere il circuito della dopamina che rende l'esperienza gratificante.
Dal punto di vista clinico sembrerebbe che Honnold non sperimenti la paura. Almeno non nel modo in cui lo fa la maggior parte delle persone. Oppure, se la sperimenta, richiede stimoli molto più alti di quanto finora si sia misurato in neurobiologia. Potrebbe essere che Hannold si sia abituato ad arrampicarsi nel vuoto, tanto da non considerarlo più uno stimolo sufficiente per innescare il circuito della paura. Questa conclusione apre interessanti aree di ricerca sulla paura, partendo dal presupposto che l’abitudine possa in qualche modo affievolirla. Ciò che Honnold ha in gran quantità, dal punto di vista neurologico, è la tendenza a cercare sensazioni forti, una pulsione quasi doppia rispetto alla media.
Fonte: Mackinnon JB. The Strange Brain of the World’s Greatest Solo Climber. Nautilus