Più tamponi, più casi? Di recente sentiamo questa frase spesso e da più fonti: tra la popolazione, dai media, da esponenti della classe medica, da politici, eccetera.
Generalizzando, l’affermazione è alla base della crescita delle nostre conoscenze, sia a livello di singolo individuo che a livello di specie. Nella lingua latina diremmo “repetita iuvant”. Alla base c’è il concetto intuitivo che in generale aumentando il numero di realizzazioni di un’azione, e.g. effettuare un test per la presenza nell’organismo del coronavirus, aumentano le possibilità che ad essa sia associato un determinato effetto, e.g. la positività al test.
Il concetto viene formalizzato nell’ambito del calcolo delle probabilità. Il problema sorge quando, ogni giorno che questo accade, forse per rassicurarci, ci fermiamo a questo livello qualitativo, non proseguendo oltre, in modo da tener conto di questo effetto. Questo può essere fatto, basandoci su solide basi scientifiche, considerando nel caso specifico la percentuale dei test risultati positivi ogni giorno rispetto al corrispondente numero di tamponi effettuati.
L’andamento temporale di questa grandezza ci aiuta a capire come sta evolvendo l’epidemia. Implicitamente abbiamo assunto che i fattori che determinano l’insieme dei soggetti testati e il suo numero abbiano una variazione trascurabile nell’intervallo di tempo considerato. Poichè non raramente per una data persona vengono effettuati più di un tampone, invece di considerare il numero di tamponi effettuati giornalmente, ci siamo focalizzati sul numero di nuovi casi testati in quel giorno, anch’esso reso disponibile da una certa data in poi dalla Protezione Civile.
Nella Figura 1 mostriamo l’andamento della percentuale suddetta a livello nazionale nel periodo dal 1 luglio al 7 settembre 2020. Dopo un periodo di poco più di due settimane dall’inizio di luglio, durante il quale si osservano variazioni rispetto ad un valore costante circa uguale a 0.85 %, la percentuale ha iniziato a crescere dapprima con velocità crescente, e poi decrescente, per poi stabilizzarsi nelle ultime due settimane attorno a un valore uguale a circa 2.3 %.
Parallelamente all’aumento della circolazione del virus, si è riscontrato a partire da circa l’inizio di agosto un aumento del numero di ricoveri per coronavirus sia in reparti standard che di terapia intensiva, come si può osservare nelle Figure 2 e 3.
Il ritardo dell’inizio dell’aumento rispetto a quello della percentuale in Figura 1 si può interpretare nel modo seguente: nel periodo precedente all’inizio dell’aumento della percentuale dei positivi, entrambe le curve dei ricoveri e delle terapie intensive mostravano un trend decrescente, legato ancora alla coda della fase iniziale dell’epidemia. A partire da circa il 18 luglio, abbiamo un contributo all’aumento che è andato progressivamente compensando il contributo alla diminuzione suddetto. A partire da circa l’inizio di agosto, il contributo netto è quello di aumento sia del numero di ricoveri che del numero dei posti in terapia intensiva. Dopo un altro ritardo di circa un mese, a partire dall’inizio di settembre notiamo un aumento statisticamente significativo del numero dei decessi, che arriva a un valore medio giornaliero di 9.3 da un valore medio giornaliero di circa 5.8 nelle ultime due settimane di agosto.
Infine, la Figura 4 illustra l’andamento del numero giornaliero di nuovi casi testati. È evidente la periodicità su base settimanale della curva legata alla diminuzione del numero dei tamponi, sia in fase di prelievo che di analisi, durante i giorni di fine settimana. Notiamo, inoltre, una tendenza all’aumento del numero dei tamponi a partire da circa la metà di agosto.
Confrontando l’inizio di questo aumento con quelli nelle Figure 1-3, capiamo che in questo caso l’aumento dei tamponi è avvenuto dopo quello della ripresa dell’attività dell’epidemia. Abbiamo capito che una delle sorgenti principali di diffusione erano i flussi di persone in vacanza sia all’interno dell’Italia che di ritorno da paesi stranieri con circolazione del virus significativamente più alta che nel nostro Paese e si è incrementato il numero di test, specialmente ai turisti di ritorno in Italia. In questo caso possiamo concludere: più casi, più tamponi. Se avessimo iniziato ad aumentare il numero dei test prima, cioè da poco dopo la metà di luglio, quando la percentuale dei casi positivi iniziava ad aumentare, o almeno dall’inizio di agosto, quando iniziava ad aumentare sia il numero di ricoverati con sintomi che quello nei posti in terapia intensiva, molto probabilmente avremmo limitato ancora di più la diffusione del virus nel nostro Paese.
In vista dei cambiamenti che avverranno a breve, come l’inizio delle attività delle scuole e delle università e l’andata a regime dell’attività lavorativa, dovremmo incrementare ulteriormente e progressivamente il numero di test. Inoltre, la circolazione di altri virus concomitanti, come ad esempio quello dell’influenza, faranno aumentare la probabilità che, ad esempio, un soggetto che è anche infetto dal coronavirus, ma asintomatico, ne contagi altri per via di starnuti e tosse.
Ricordiamo che la percentuale di asintomatici affetti dal coronavirus nella prima fase dell’epidemia in Italia stimata da Istat e Ministero della Salute è circa uguale al 30%. A livello individuale non sarà mai inutile invitare tutti a rispettare le indicazioni riguardo all’uso della mascherina, anche all’aperto se riteniamo che ci siano condizioni rischiose di contagio, al distanziamento fisico, ad evitare gli assembramenti e all’utilizzo dell’app Immuni. Per alcune categorie di persone, e.g. anziani, medici, persone che per lavoro sono a contatto ogni giorno con molte persone, specialmente se diverse da giorno a giorno, è raccomandabile effettuare la vaccinazione stagionale contro l’influenza. Questo faciliterà la diagnosi di coronavirus e limiterà la diffusione per quanto detto sopra sui soggetti asintomatici.
Fonte: Comunicato stampa. Più tamponi, più casi? Centro Nazionale delle Ricerche. 10/09/2020