Nel mese di novembre 2021 abbiamo proposto un questionario ai medici di medicina generale (MMG) e ai pediatri di libera scelta (PLS) che svolgono attività in Italia da almeno 3 anni e che hanno gestito casi di pazienti COVID-19 o suggestivi di COVID-19.
Il questionario è stato predisposto con l'intento di rilevare alcuni aspetti della vita professionale di questa specifica categoria di medici impegnati sul territorio, con particolare attenzione alle dinamiche della relazione medico-paziente legate alla pandemia di COVID-19.
L'obiettivo è quello di far emergere dati riguardanti la situazione lavorativa dei MMG e dei PLS, la percezione personale e dei pazienti dell'attività di cura svolta dai medici, l'influenza della comunicazione dei media sulla pratica clinica quotidiana.
Hanno partecipato al questionario 951 medici. Le risposte utili (modulo compilato interamente e presenza di tutti i requisiti - MMG o PLS che lavora in Italia da almeno 3 anni e che ha seguito caso suggestivo/confermato di COVID-19) sono state 830. Il campione è rappresentato da medici di medicina generale per l’89% e da pediatri di libera scelta per il restante 11%.
Il 24,6% delle risposte proviene dalla Lombardia, il 13,8% dal Lazio, il 10,2% dal Veneto. Le altre Regioni maggiormente presenti sono il Piemonte (8,4%), la Sicilia (8,4%) e l’Emilia Romagna (8,3%).
La quasi totalità dei partecipanti (99,4%) dichiara di aver visto un incremento del proprio carico di lavoro. Il 63,9% dice di aver avuto un aumento medio giornaliero di 2 ore di lavoro.
L’aumento di lavoro viene attribuito essenzialmente alle consulenze telefoniche o tramite email/messaggi (68,7%). Seguono le incombenze amministrative/gestionali (24,7%) e l’attività clinica in ambulatorio o al domicilio (6,6%).
Il 62,7% degli intervistati ritiene che i pazienti non siano a conoscenza di questo aumento del carico di lavoro che li riguarda. Il 17,5% dichiara di aver parlato con i propri assistiti informandoli della pressione che stanno affrontando. Solo il 2,4% ritiene che i mass-media (TV, internet, giornali) abbiano informato i pazienti dell’aumentato carico di lavoro per i medici di famiglia.
Alla domanda specifica Dopo lo scoppio della pandemia di COVID-19 ritieni che i mass-media abbiano informato correttamente sulle condizioni di lavoro dei Medici, in particolare di quelli che si occupano di medicina territoriale? il 95,1% dei medici ha risposto mai (60,2%) o raramente (34,9%), a testimoniare la sensazione che la narrazione della pandemia di COVID-19 sia stata deficitaria o fuorviante per quel che riguarda l’attività dei medici impegnati sul territorio.
Sempre rimanendo in tema di informazione mediatica, il 73,5% dei medici di famiglia dichiara che l’aumentata presenza di medici nei talk-show televisivi e negli articoli dei quotidiani abbia ostacolato l’attività clinica quotidiana.
I medici di famiglia ritengono di aver affrontato efficacemente la pandemia, nonostante le problematiche di carattere sanitario ed organizzativo. Tuttavia, la percentuale di medici che considerano di aver risposto efficacemente sempre o spesso alle esigenze dei pazienti è scesa nel periodo successivo allo scoppio della pandemia (da 98,2% a 71,1%).
Tuttavia, nonostante la maggior parte dei medici di famiglia ritenga di aver svolto al meglio la propria professione, molti di loro considerano che dopo la pandemia di COVID-19 i loro pazienti non siano del tutto soddisfatti delle cure ricevute (57,2% abbastanza soddisfatti, 9,6% non tanto soddisfatti, 2,4% per niente soddisfatti).
L’ultima parte del sondaggio era riservata al fenomeno dell’infodemia durante la pandemia di COVID-19. Il 56,6% dichiara di aver subito almeno una volta un’aggressione fisica o verbale da parte di pazienti COVID-19 con malattia lieve/moderata che richiedevano prescrizioni terapeutiche in base a quanto letto sul web.
L’88% dei medici intervistati è conoscenza dell'esistenza sui social network di gruppi di auto-cura per la COVID-19, dove sarebbero presenti anche alcuni medici che fanno consulti e somministrano terapie, anche non validate. La maggior parte dei medici (54,8%) ritiene probabile che qualcuno dei propri pazienti si sia rivolto a questi gruppi per la gestione di sintomi lievi causati da COVID-19.
Il 56,6% dichiara che se un paziente cerca una terapia sul web affidandosi a sconosciuti e non fidandosi del proprio medico curante ci sia una qualche responsabilità del medico e, in generale, del sistema sanitario.
Secondo il nostro sondaggio i pericoli maggiori per i pazienti COVID-19 che non si rivolgono al proprio medico di famiglia, ma che si affidano a medici (?) conosciuti online che propongono terapie non validate sono: ritardo delle cure appropriate e peggioramento delle condizioni cliniche, danni causati dalla somministrazione di terapia non personalizzata, danni causati dalla somministrazione di terapia non appropriata.
La fotografia che risulta da questo sondaggio (con tutti i limiti che gli si addicono per sua natura) rappresenta i medici di famiglia ancora in affanno, oberati costantemente di lavoro legato alla pandemia. Nonostante i buoni risultati ottenuti dalla medicina territoriale durante il periodo di emergenza sanitaria, dal sondaggio emerge una narrazione mediatica che tende a sminuire e svilire questa specifica categoria di medici. La presenza costante di medici in televisione e sui giornali, insieme a quella sui social network, sembra poi aver ottenuto un effetto nocivo sulla pratica clinica quotidiana, favorendo il nascere di correnti di pensiero a favore o contro, che in alcuni casi sfociati in vere e proprie aggressioni nei confronti dei medici di famiglia, che rappresentano il primo anello di contatto dei pazienti con il sistema sanitario.