La pandemia di COVID-19 ha investito il nostro Paese in modo molto violento, ma per fortuna pochi bambini e ragazzi hanno contratto l’infezione e sviluppato la malattia. Tuttavia è ragionevole pensare che l’emergenza sanitaria ne abbia toccato profondamente gli aspetti psichici e relazionali. Diversi ricercatori infatti stanno valutando l’impatto sui più giovani della chiusura delle scuole, della prolungata impossibilità di uscire all’aria aperta e di incontrare i coetanei, del cambio di abitudini dovuto alle misure di contenimento del virus.
Durante la pandemia di COVID-19 la Società Italiana di Pediatria (SIP) si è costantemente impegnata in un’opera di informazione e divulgazione, al fine di preservare la salute dei più piccoli. Abbiamo incontrato il Prof. Alberto Villani, Presidente della SIP, e abbiamo provato a definire un quadro della situazione COVID-19 nell’ampio contesto pediatrico.
Il Prof. Villani conferma che, allo stato attuale, dal punto di vista sanitario i bambini ed i ragazzi risultano essere meno suscettibili all’infezione da SARS-CoV-2. Dalle risposte del Prof. Villani emerge la necessità di lavorare per porre rimedio alle criticità che riguardano i più piccoli evidenziate dalla crisi sanitaria, alcune legate al Servizio Sanitario Nazionale, altre al sistema scolastico. Questa pandemia potrebbe essere l’occasione per nuove progettualità in entrambi i settori.
In Italia sono risultati positivi al SARS-CoV-2 oltre 5.000 soggetti di età 0-18 anni. Il 13% circa ha richiesto il ricovero in ospedale e a oggi (25 giugno) in Italia sono deceduti 4 bambini (2 e 6 mesi, 5 e 6 anni) che presentavano già importanti patologie.
Nei Paesi nei quali sono disponibili dati attendibili è confermato che i bambini contraggano forme cliniche meno gravi e che siano meno contagiati. Va precisato che in Cina la pandemia è esplosa in un periodo festivo e in cui le scuole erano chiuse e che anche in Italia sono state adottate misure restrittive molto precocemente e quindi la possibilità di contagio per i bambini è stata molto controllata.
Nei bambini le forme cliniche sono meno gravi rispetto a quanto si verifica negli adulti e in particolare nella popolazione molto anziana. I sintomi più importanti sono quelli a carico dell'apparato respiratorio. Nei bambini è frequente anche la presenza di sintomi gastrointestinali (prevalentemente diarrea).
La Sindrome Infiammatoria Multisistemica Pediatrica (PIMS: Pediatric Inflammatory Multisystem Syndrome) è una nuova entità clinica che ha in comune con la Sindrome di Kawasaki alcuni sintomi e la terapia con immunoglobuline e steroidi. La PIMS potrebbe essere una risposta tardiva, dopo 2-3 settimane, a una infezione da SARS-CoV-2, ma è ancora presto per poter essere certi di questa ipotesi.
Al momento, in Italia, alcune donne in gravidanza che hanno contratto l'infezione da SARS-CoV-2 hanno avuto manifestazioni anche gravi e tali da richiedere il ricovero in Terapia Intensiva (rari casi). Tutte comunque si sono completamente ristabilite, hanno partorito neonati in buone condizioni di salute. Non abbiamo al momento dati che possano documentare una trasmissione verticale (dalla madre al prodotto del concepimento direttamente in utero). Non esistono al momento controindicazioni all'allattamento materno che deve sempre essere incoraggiato e supportato.
La pandemia da SARS-CoV-2 ha evidenziato le criticità del nostro SSN, eccellente risorsa del nostro Paese. Il SSN è stato ideato mezzo secolo fa e reso operativo più di 40 anni fa: è indispensabile adeguarlo alla nuova realtà sanitaria, epidemiologica, sociale. È indispensabile dare unità e centralità al SSN cercando di superare l’attuale organizzazione a silos non comunicanti (Ospedale e Territorio autonomi e non coordinabili) e dando maggiore consistenza alle linee di indirizzo nazionali quale minimo comune denominatore vincolante per ogni Regione. La pandemia ha anche evidenziato la necessità di competenze che non possono essere opzionali e/o a carico solo dei medici ospedalieri (complessità, criticità, cronicità), ma devono essere patrimonio irrinunciabile di tutti i medici.
Anche il Ministero dell’Istruzione ha dovuto affrontare la straordinaria e imprevedibile emergenza pandemica che ha paralizzato il mondo intero e ha risposto al meglio delle attuali possibilità. Purtroppo il nostro sistema scolastico si trovava in una situazione di estrema precarietà (carenze di personale, fatiscenza e vetustà dell’edilizia scolastica, risorse limitatissime) ed era in grado di sopravvivere, con difficoltà e grazie all’impegno del personale delle istituzioni e delle scuole, in condizioni di normalità. Questa emergenza ha reso evidenti tutte le criticità e speriamo possa essere l’occasione per investire nella scuola.
Che i bambini non siano i principali responsabili della pandemia in Italia è al momento dimostrato. In Italia nell’80% degli oltre 5.000 casi tra 0 e 18 anni è stato dimostrato il contagio intra-domestico, ovvero i bambini sono stati contagiati in famiglia da un adulto convivente (per lo più genitori). In realtà non è possibile sapere cosa sarebbe accaduto se avessimo mantenuto le scuole aperte o se non fossero state adottate le provvidenziali misure restrittive dello “stiamo tutti a casa”. Dove le scuole sono state aperte e/o riaperte (Israele, Germania, Francia, Svezia) sono state poi richiuse per la comparsa di focolai epidemici. A oggi il modello italiano è senza dubbio quello che ha dato i migliori risultati e costituisce il riferimento per molti Paesi. Chi ha sottovalutato la pandemia (USA, Brasile, Gran Bretagna, Svezia) sta pagando un drammatico prezzo in termini di decessi e spesa sanitaria.
Il Governo italiano ha stabilito, per ora e in base alle condizioni epidemiologiche del momento, l’uso della mascherina sopra i 6 anni di età e nei locali chiusi. Come Società Italiana di Pediatria abbiamo prodotto e/o coprodotto dei video e dei cartoni sull’uso delle mascherine (scaricabili sul sito della SIP); abbiamo anche pubblicato delle indicazioni sull’uso delle protezioni delle vie aeree (Italian Journal Pediatrics). Come per gli adulti, la mascherina va indossata nelle condizioni nelle quali non sia possibile garantire la distanza interpersonale di almeno un metro.
La pandemia ha evidenziato l’importanza e la necessità di ridare vigore ai Dipartimenti di Prevenzione che negli anni erano stati depotenziati, privati di risorse professionali e strutturali. In particolare avere nel tempo sacrificato i Centri Vaccinali ha costituito un elemento di debolezza estrema della capacità vaccinale da parte del SSN. Dati preliminari hanno evidenziato che laddove sono presenti centri vaccinali efficienti, perché dotati di strutture e personale adeguati, le vaccinazioni hanno risentito molto meno dell’effetto pandemia. I Centri Vaccinali sono il luogo dove le professionalità e le competenze specifiche, anche in un periodo pandemico, possono mantenere in atto le attività vaccinali.