A mio parere gli studi in corso, ad oggi, non dimostrano benefici reali del composto in questione né tantomeno sono stati svolti in maniera metodologicamente trasparente, così da permettere l’uso del farmaco. Vi invito a non pensare “anche se gli studi non lo dimostrano, in questa situazione critica lo si può prescrivere lo stesso”, perché questi ragionamenti sono pericolosi. I farmaci possono avere effetti collaterali, anche molto gravi, soprattutto se non sono stati studiati accuratamente prima.
Il Favipiravir è un analogo nucleosidico che compete con la RNA-polimerasi RNA-dipendente del virus. Questa proteina è una delle armi che il virus ha a disposizione per replicarsi nelle nostre cellule (ma non l’unica). Essa è simile in molte famiglie di virus, motivo per cui questa molecola potrebbe avere un effetto antivirale su molti virus.
Su PubChem si possono trovare maggiori informazioni dal punto di vista chimico.
Questa molecola è stata testata per l’influenza e per l’Ebola, ma al momento non è chiaro se sia efficace in tali malattie. Ad oggi, il farmaco non è approvato, né in Europa né negli Stati Uniti. Non ho trovato sul web alcuna conferma sul fatto che il farmaco venga usato in Giappone. Su questo articolo del Guardian viene invece menzionato che sia stato approvato in Cina.
Il Favipiravir è stato testato in pazienti affetti da COVID-19. Lo studio più citato in queste ore Experimental Treatment with Favipiravir for COVID-19: An Open-Label Control Study però è, a mio parere, metodologicamente non è idoneo per dirci che l'Avigan sia un farmaco miracoloso che possa prevenire davvero il ricovero dei pazienti in terapia intensiva.
Lo studio “Experimental Treatment with Favipiravir for COVID-19: An Open-Label Control Study” è stato condotto in CIna. Sono stati reclutati pazienti in cui la malattia non era grave e sono stati assegnati a due gruppi, gruppo A o gruppo B.
Questi pazienti sono stati scelti in maniera non randomizzata, ovvero un ricercatore ha deciso quale paziente includere in quale gruppo.
Gli studiosi hanno confrontato quindi i 2 gruppi, seguendoli nel tempo. Hanno valutato due parametri da loro scelti per identificare la “guarigione”, ovvero la presenza del virus nell’organismo tramite tampone e l’aspetto dei polmoni alla TC. Per quel che riguarda la presenza di virus nell’organismo, nel gruppo A (Avigan) il virus è scomparso dall’organismo in media 7 giorni prima rispetto al gruppo B (tale differenza era statisticamente significativa).
In merito all’aspetto dei polmoni alla TC, i ricercatori hanno dato un punteggio all’aspetto dei polmoni da 0 (normale) a 72 (completamente alterato) prima di iniziare il farmaco e dopo 14 giorni. Hanno considerato come miglioramento qualsiasi punteggio inferiore rispetto al basale. A 14 giorni, nel gruppo A vi era un miglioramento in 32 pazienti su 35 (91%, quel dato famoso di cui sopra) e nel gruppo B vi era un miglioramento in 28 pazienti su 45 (62%). Gli effetti collaterali erano maggiori nel gruppo B.
Questa la mia analisi.
Esiste anche un secondo studio Favipiravir versus Arbidol for COVID-19: A Randomized Clinical Trial i cui risultati sono ugualmente non promettenti. La mia analisi completa è disponibile qui.
Ad oggi non abbiamo alcuna evidenza che Favipiravir sia così efficace come viene detto in queste ore. Potrebbe forse avere un ruolo, ma non esiste al momento alcuno studio che dimostri che sia così utile.
Fonte: Mazzeo A. Avigan - analisi di Adolfo Mazzeo