Proverò a dare una spiegazione, sulla base dell'esperienza maturata qui in Germania e di quello che ho letto, del perchè qui la mortalità sia al momento più bassa (allegando anche la terapia).
Come ha scritto qualche giorno fa un collega medico legale di Napoli, non ha senso parlare di distinzione tra pazienti deceduti "per" o "con" Coronavirus. Se il paziente, anche con tutte le comorbidità di questo mondo, muore anche solo un'ora prima a causa dell'infezione, va considerato "morto per Coronavirus". È così in Italia ed è ugualmente così anche in Germania.
La terapia utilizzata nel Policlinico dove sono ora (situato nella regione del Nord Reno-Westfalia, quella in cui si concentra la maggior parte dei casi accertati, ed in cui si trova anche Colonia, città nella quale sono ricoverati anche alcuni pazienti italiani, trasportati con un aereo specificamente attrezzato dalla provincia di Bergamo), in cui al momento sono ricoverati 8 pazienti infetti, di cui 3 intubati, è simile a quella utilizzata nel nostro Paese. Qui, per la terapia, fanno riferimento a questo paper scritto a Berlino: Empfehlungen zur intensivmedizinischen Therapie von Patienten mit COVID-19.
Sono riportate diverse informazioni: dalle pratiche igienico-sanitarie alla gestione anestesiologica, passando per la terapia farmacologica. In particolare si consiglia l'utilizzo di antiretrovirali: Lopinavir/Ritonavir, Remdesivir, Camostat (questo ultimo si è dimostrato efficace in studi in vitro, come si legge qui: SARS-CoV-2 Cell Entry Depends on ACE2 and TMPRSS2 and Is Blocked by a Clinically Proven Protease Inhibitor), Idrossiclorochina, anticoagulanti (a meno che non vi siano controindicazioni specifiche). L'utilizzo dei cortisonici, invece, è fortemente sconsigliato, soprattutto nelle fasi iniziali, così come gli antibiotici a scopo profilattico (qui in Germania sono estremamente attenti alle infezioni ed al rischio di antibiotico-resistenza), questi ultimi sono però adoperati ovviamente in caso di positività del tampone ad infezione batterica. Riporto di seguito quello che potrebbe essere un passaggio utile, dal mio punto di vista, ai colleghi anestesisti (e che magari lo danno già per scontato), avendo sentito al riguardo pareri discordanti in Italia: "I pazienti con COVID-19 ventilati con ARDS sembrano trarre grandi benefici dal trattamento in posizione prona. Pertanto, i pazienti con un indice di Horowitz (paO2 / FiO2) <150 devono essere collocati in questa posizione per 16 ore al giorno".
Marcata differenza sta, invece, nell'inizio della terapia. In Italia le persone hanno impresse nella mente le immagini dei mezzi dell'esercito, carichi di salme, percorrere le strade di Bergamo. Hanno giustamente paura e sono consci del fatto che, in tanti ospedali, i reparti sono ormai saturi e che le probabilità di non sentire i propri cari per diversi giorni, magari ricoverati a centinaia di chilometri di distanza da casa, non sono basse. Per questo motivo tendono a rivolgersi ai colleghi MMG o alle strutture ospedaliere, spesso, solo in uno stadio più avanzato della malattia. In Germania, invece, i pazienti sanno che possono contare su un numero maggiore di ospedali, con una disponibilità complessiva di circa 28.000 posti in terapia intensiva (a differenza, spero di non sbagliarmi, delle circa 5.000 unità, prima dell'emergenza sanitaria, nel nostro Paese), per cui, appena iniziano a manifestarsi i primi sintomi di malattia, si recano dal proprio MMG o direttamente in una struttura ospedaliera.
Altra marcata differenza è l'età media dei pazienti affetti. In Italia, di circa 62 anni (fonte ISS), in Germania di circa 46 anni. Questo potrebbe essere, in parte, spiegato dal fatto che in Germania, più frequentemente che in italia, molto spesso i ragazzi (che, avendo maggiori relazioni sociali, tendono ad infettarsi più facilmente) vanno via da casa dei propri genitori già a 18 anni ed hanno, quindi, meno probabilità di trasmettere il virus ai propri cari.
Inoltre, come già sottolineato da alcuni colleghi, il numero di tamponi fatti, per la semplicità dell'accesso all'effettuazione da parte di tutti, personale sanitario e non, è molto diverso. Anche il collega MMG, se lo ritiene opportuno, può praticare un tampone ed inviarlo in tempi rapidi a centri specializzati nell'analisi. Qualche giorno fa leggevo un articolo, secondo il quale la percentuale di persone che avrebbe contratto l'infezione nel nostro Paese sarebbe del 10% circa. In Spagna arriverebbe addirittura al 15%, mentre in Germania sarebbe dello 0,72% (Report 13 - Estimating the number of infections and the impact of non-pharmaceutical interventions on COVID-19 in 11 European countries).
Infine, un dato preciso, relativo alla mortalità, lo potremo avere solo alla fine di questo brutto periodo. L'inizio ed il picco della pandemia nei due Paesi, così come le misure restrittive, attuate con tempi e modalità diverse, non sono comparabili.
Nel frattempo, per l'immediato futuro, si sta pensando di dosare gli anticorpi negli asintomatici, in maniera random, partendo da un campione di 100.000 persone. A coloro che dovessero risultare immuni (non si sa ancora se l'immunità sia temporanea, di qualche mese, o permanente) verrebbe rilasciato una sorta di "pass" per ritornare alla vita "normale" e, soprattutto, per poter essere impiegati in modo più attivo in reparti nevralgici, come quello sanitario (Germany will issue coronavirus antibody certificates to allow quarantined to re-enter society). Anche relativamente alle terapie, partendo da uno studio, effettuato da un gruppo cinese, su cinque pazienti, (Treatment of 5 Critically Ill Patients With COVID-19 With Convalescent Plasma) si sta pensando di utilizzare il plasma, prelevato da pazienti risultati immuni, in pazienti critici (Therapeutisches Plasma zu Test zugelassen).
Fonte: Viola L. Post pubblicato su Facebook. 03/04/2020