«Dottoressa è perfetto»

Le donne medico affrontano discriminazioni linguistiche, disparità salariali e ostacoli nella leadership. Tutto si inserisce in un quadro più ampio di disuguaglianza di genere, che può essere rovesciato solo da un cambiamento del contesto culturale e sociale.

«Come posso chiamarla, signora o signorina?».
«Se mi chiama Dottoressa non sbaglia di sicuro».

Nella risoluzione delle Nazioni Unite che designa la nascita della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, in cui si invitano i governi ad organizzare, il 25 novembre, iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione, la violenza sulle donne è così definita: “any act of gender-based violence that results in, or is likely to result in, physical, sexual or psychological harm or suffering to women, including threats of such acts, coercion or arbitrary deprivation of liberty, whether occurring in public or in private life” (qualsiasi atto di violenza di genere che provochi, o possa provocare, danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche alle donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, che avvenga in pubblico o nella vita privata).
In seguito ai recenti fatti di cronaca, il tema è tragicamente attuale nel nostro Paese, ampiamente dibattuto. Tema complesso, che certamente non possiamo analizzare correttamente in un breve articolo (sebbene ci sia chi pensa di poterlo fare in un talk show televisivo). Tuttavia, come abbiamo già fatto in passato, vogliamo lanciare un messaggio semplice, che possa, almeno parzialmente, contribuire ad affrontare questo fenomeno complesso. La rivoluzione culturale di cui abbiamo bisogno, forse, può anche partire da piccoli cambiamenti di pensiero e di atteggiamento. Non tutti gli uomini commettono violenza sulle donne, ma tutti gli uomini possono essere portatori di cambiamento.

Il contesto che nutre la violenza

La violenza non è casuale, trae nutrimento da contesti specifici, ambienti e modelli di pensiero consolidati. Il contesto è fondamentale. Impossibile è, secondo noi, analizzare un fenomeno senza studiare il contesto in cui si verifica. Il contesto attuale fa sì che sia comune rivolgersi ad una professionista con familiarità, chiamandola “signorina” o “signora”, utilizzando il “tu” ed un tono colloquiale. Il contesto attuale crea stupore quando si scopre che a condurre una sala operatoria c’è una donna o che una donna è a capo di un intero reparto oespedaliero. Il contesto determina questi atteggiamenti, di cui si nutre per rafforzarsi.

Qui non ci sono signorine

La questione va oltre la mera formalità del linguaggio. Chiamare una donna medico (una medica, come ci autorizza a dire anche l’Accademia della Crusca) con un termine che enfatizza il suo stato civile anziché la sua competenza professionale contribuisce a una cultura che spesso sottovaluta il ruolo delle donne nel campo medico. Le donne medico, come i loro colleghi maschi, hanno dedicato anni alla formazione e all'acquisizione di competenze per fornire cure di alta qualità. Ignorare o minimizzare il loro status professionale sulla base del genere va a discapito di un sistema sanitario che dovrebbe valorizzare le competenze e l'esperienza di tutti i professionisti senza distinzioni di genere. Tale mancanza di rispetto mina la fiducia e la credibilità delle donne medico, creando un contesto lavorativo in cui possono sentirsi costantemente sottovalutate.

Le donne medico guadagnano meno dei colleghi uomini

Il contesto ci dice che le donne medico sono costrette a faticare il doppio degli uomini per essere riconosciute alla pari degli uomini. Ed essere pagate meno. Uno studio del 2021 ha analizzato le differenze di reddito annuo tra medici uomini e donne1. I risultati dello studio hanno evidenziato che, nel corso della carriera, le donne medico statunitensi guadagnano, in media, più di 2 milioni di dollari in meno rispetto ai medici statunitensi maschi. Per quel che riguarda l’Italia, un’analisi del 2018 condotta su quasi mille medici in cinque ospedali della Regione Lombardia mostra che le donne medico guadagnano il 18% in meno rispetto agli uomini2.
Viviamo in un contesto nel quale, quando si parla di figli, tutta la narrazione si svolge al femminile, tutta l’attenzione si rivolge alle donne - poco ai loro diritti, molto ai loro doveri di madri, come se i padri non esistessero, o come se fosse scontato che, quando nasce un bambino, siano le madri a doversene occupare, e non la famiglia, tutta. I servizi che possono consentire la migliore conciliazione possibile dei tempi di vita privata e vita lavorativa, nei rari casi in cui qualche Direzione Sanitaria decida di attivarli, sono sempre servizi per le mamme, per le donne, mai per le famiglie. Il contesto, di nuovo. Torna anche qui, la questione del divario salariale. Secondo uno studio del 2023, il matrimonio e i figli sono associati a una maggiore penalizzazione dei guadagni per le donne medico, principalmente a causa del minor numero di ore lavorate rispetto agli uomini3.

Tante dottoresse, poche primarie

Un contesto totalmente anacronistico, a maggior ragione se si considera il numero sempre maggiore di donne che si stanno occupando di medicina. Secondo gli ultimi dati elaborati dal Ced della FNOMCeO, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, dei 329.263 medici con meno di 69 anni, e quindi potenzialmente in attività nel Servizio sanitario nazionale, il 52% – 170.686 – sono donne. Le donne sono la netta maggioranza in tutte le fasce di età sotto i 55 anni: tra i 40 e i 44 anni sono quasi il doppio dei colleghi uomini. Tra gli over 55 la tendenza si inverte, con una sostanziale parità fino ai 59 anni e con una netta maggioranza maschile al di sopra dei 60 anni, dove il gap a favore degli uomini si allarga al crescere dell’età.
Tuttavia, parlando di leadership, le donne medico fanno fatica a raggiungere le posizioni apicali. Il sistema è fortemente discriminatorio. Sin dall’università, tutto è pensato al maschile, l’organizzazione del lavoro è pensata da menti maschili e la governance è sempre maschile.
Secondo i dati della piattaforma regionale di Opessan (dati 2020) e del Conto Annuale del Tesoro (dati 2019) in Piemonte le dirigenti medico donne, ospedaliere dipendenti del SSN superano i colleghi uomini, rappresentano il 51% del totale. Tuttavia la percentuale di donne Direttrici di Struttura Complessa è del 18%. Tra le donne medico, solo il 2,4% diventerà direttrice di SC, contro il 10% degli uomini. Va un po’ meglio se consideriamo le Responsabili di Struttura Semplice che in Piemonte rappresentano il 36,6% del totale. Tra le donne medico, solo il 6,4% diventerà Responsabile di Struttura Semplice, contro l’11,4% degli uomini.

Ti do del TU tanto sei giovane, potresti essere mia figlia

La questione, come abbiamo qui semplicemente accennato, va ben oltre l’appellativo “Signorina”. Tuttavia, probabilmente, anche partendo da questi piccoli gesti si può provare a modificare il contesto culturale nel quale trova terreno fertile la violenza contro le donne.
Solo attraverso un impegno collettivo per abbattere gli stereotipi di genere e promuovere l'uguaglianza, sia nella forma che nella sostanza, possiamo sperare di eliminare la violenza di genere e creare un ambiente equo e inclusivo per tutte e per tutti.

#nonsiamosignorine

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immagine originale di Ne Mariya - AdobeStock

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Riferimenti
1. Whaley CM, Koo T, Arora VM, Ganguli I, Gross N, Jena AB. Female Physicians Earn An Estimated $2 Million Less Than Male Physicians Over A Simulated 40-Year Career. Health Aff (Millwood). 2021 Dec;40(12):1856-1864. doi: 10.1377/hlthaff.2021.00461. PMID: 34871074; PMCID: PMC9910787.
2. Gaiaschi, Camilla. (2018). Gender inequalities in medical careers: findings from five hospitals in the Lombardy Region. The journal of gender-specific medicine: JGSM: the official journal of the Partnership for Women's Health at Columbia. 4. 73-78.
3. Skinner L, Yates M, Auerbach DI, Buerhaus PI, Staiger DO. Marriage, Children, and Sex-Based Differences in Physician Hours and Income. JAMA Health Forum. 2023;4(3):e230136. doi:10.1001/jamahealthforum.2023.0136