COVID-19: indagine italiana sulla presenza di anticorpi

A Trieste è stato condotto uno studio che rappresenta la prima indagine italiana per la valutazione dello stato immunitario verso COVID-19 su dipendenti dell'ospedale IRCCS Burlo Garofolo, attraverso il monitoraggio congiunto di anticorpi e presenza del virus.

Un’indagine preliminare rivela che il 17% degli esaminati ha sviluppato una risposta anticorpale

A Trieste è stato condotto uno studio che rappresenta la prima indagine italiana per la valutazione dello stato immunitario verso COVID-19 su personale sanitario, personale in formazione dell’Università di Trieste, dipendenti ausiliari e amministrativi dell'ospedale IRCCS  Burlo Garofolo, attraverso il  monitoraggio congiunto di anticorpi e presenza del virus.

Parlando di infezione SARS-CoV-2, sappiamo che il numero dei casi confermati non rappresenta il numero totale di persone infette, probabilmente molto più alto. La mancanza di questo dato impedisce previsioni precise sulla diffusione del contagio e ha un notevole impatto sulla gestione delle misure per contrastare la pandemia. Un gruppo di ricercatori, per provare a colmare questa mancanza, ha deciso di effettuare un’indagine tra i dipendenti di un ospedale, l’IRCCS materno-infantile Burlo Garofolo di Trieste. Sono stati effettuati test virali e anticorpali su 727 dipendenti nell’arco di una settimana. Il preprint dello studio è disponibile su medRxiv.

I partecipanti all’indagine hanno risposto ad un questionario anamnestico, sono stati sottoposti a test del tampone (rinofaringeo/orofaringeo) e ad un test anticorpale dopo prelievo di sangue. I 727 partecipanti (190 medici, 212 infermieri, 16 tecnici di laboratorio, 9 tecnici di radiologia, 53 ostetriche, 69 operatori sanitari ausiliari, 64 impiegati amministrativi, 114 dipendenti di altro tipo) sono stati suddivisi in 3 categorie di rischio: alto (HR, 335), medio (MR, 277), basso (LR, 115). A titolo di esempio, nel gruppo ad alto rischio di esposizione sono stati inseriti gli operatori di terapia intensiva e pronto soccorso, mentre in quello a basso rischio il personale amministrativo. La fascia di età era di 22-77 anni e la distribuzione del sesso è stata del 78,7% (donne) e del 21,3% (maschi).
Per l’esecuzione del test anticorpale si è scelto il Wantai SARS-CoV-2 Ab Rapid Test, che è risultato avere la migliore performance a confronto con altri due kit disponibili in commercio.

Anticorpi fortemente positivi (P) sono stati rinvenuti nel 7,2% dei soggetti, mentre il 10% ha avuto esiti borderline (B). Complessivamente la categoria positivo-borderline (P/B) rappresenta il 17,2% dell’intero campione, quella dei negativi (N) l'82,8% della coorte. Ad eccezione di un soggetto, tutti gli individui P/B hanno avuto esito negativo del test del tampone. Inoltre, non hanno mostrato alcun segno o sintomo al momento del campionamento.
Osservando la distribuzione dei soggetti P/B e N nelle tre categorie di rischio (HR, MR e LR), è stata trovata un'associazione statisticamente significativa. Gli individui P/B appartengono principalmente al gruppo HR (65 su 335 = 19,4%) e al gruppo MR (49 su 277 = 17,6%), mentre solo una percentuale del 9,5% caratterizza il gruppo LR (11 su 115).
Un'altra interessante scoperta in questo lavoro è che i medici rappresentano la categoria più frequentemente associata alla presenza di anticorpi contro il virus SARS-CoV-2, probabilmente a causa dei particolari approcci metodologici nei confronti dei pazienti pediatrici e dei genitori. Gli studiosi hanno rilevato una proporzione simile di soggetti P/B tra i medici che eseguono manovre invasive e tra quelli che non le eseguono. Questo potrebbe suggerire un uso corretto e accurato dei DPI e di altre misure di protezione da parte di personale.

Il team di ricerca ritiene che questa indagine fornisca, per la prima volta, una visione dell'estensione dell'infezione e dello stato immunitario tra gli operatori sanitari italiani, rafforzando l'ipotesi che una percentuale piuttosto ampia di "persone asintomatiche o con sintomi lievi" abbia sviluppato una risposta immunitaria specifica contro la COVID-19. Nella discussione si affronta anche una questine critica che suscita ampia preoccupazione, ovvero la possibilità che questi soggetti possano essere reinfettati.

 


Fonte: COVID-19 experience: first Italian survey on healthcare staff members from a Mother-Child Research hospital using combined molecular and rapid immunoassays test. Manola Comar, Marco Brumat, Maria Pina Concas, Giorgia Argentini, Annamonica Bianco, Livia Bicego, Roberta Bottega, Petra Carli, Andrea Cassone, Eulalia Catamo, Massimiliano Cocca, Massimo Del Pin, Mariateresa Di Stazio, Agnese Feresin, Martina La Bianca, Sara Morassut, Anna Morgan, Giulia Pelliccione, Vincenzo Petix, Giulia Ragusa, Antonietta Robino, Stefano Russian, Beatrice Spedicati, Sarah Suergiu, Marianela Urriza, Fulvia Vascotto, Paola Toscani, Giorgia Girotto, Paolo Gasparini. medRxiv 2020.04.19.20071563; doi: https://doi.org/10.1101/2020.04.19.20071563 - This article is a preprint and has not been certified by peer review