Il burnout tra i medici non è solo causa della crisi del sistema sanitario
Secondo un recente rapporto di Harvard, il burnout medico è "una crisi di salute pubblica che richiede un'azione urgente". Gli esperti prevedono che, senza una soluzione, il burnout eroderà ulteriormente la salute mentale dei medici e minerà radicalmente le cure ai pazienti. Secondo il Dr. Robert Pearl il burnout tra i medici non è causato soltanto dalla crisi del sistema sanitario nazionale, ma da un conflitto tra cultura medica e progresso scientifico.
Durante le conferenze e sui social media, i medici si confrontano spesso sul tema del burnout. Tuttavia, nonostante il senso di urgenza e l'abbondanza di opinioni, il problema è ancora scarsamente compreso e mal definito. Se c'è una cosa su cui i medici sono d'accordo, però, quella è la causa. Il burnout, dicono, è il risultato della crisi del sistema sanitario. Infatti i medici segnalano sempre gli stessi problemi che impediscono di lavorare in serenità: troppi compiti burocratici, troppe interferenze governative, stipendi troppo bassi, troppe ore in ufficio e troppo tempo passato davanti al computer.
Senza dubbio le questioni legate al sistema sanitario sono i principali fattori che contribuiscono all'insoddisfazione del medico. Ma, secondo il Dr. Pearl, questi non sono gli unici fattori che causano o esasperano il burnout. A parere del Dr. Pearl il burnout è causato anche da uno scontro sempre più intenso tra i progressi della scienza medica e la testardaggine della cultura medica.
In passato si presumeva che tutti i medici fossero altamente qualificati. Questa idea ha cominciato a cambiare nei primi anni 2000, quando sono state adottate le cartelle cliniche elettroniche. Da allora i responsabili sanitari, grazie all’aiuto di computer sempre più potenti, hanno potuto raccogliere ed analizzare una grande quantità di dati. Non solo dati clinici, ma anche dati relativi alla gestione delle cure. Questi dati hanno rivelato una verità scomoda: non tutti i medici lavorano bene. Infatti, se ci sono medici che stanno riducendo la mortalità dei pazienti per ictus, malattie cardiache e cancro dal 30% al 50%, ci sono medici che non lo stanno facendo affatto. E a volte lavorano nello stesso reparto.
Per evidenziare queste fluttuazioni, è nato il comparative-performance report (rapporto comparativo delle prestazioni), un sistema di analisi del lavoro dei singoli operatori sanitari. I medici, quindi, hanno iniziato a ricevere regolarmente input sulle loro prestazioni. Tra i medici, questi rapporti sono diventati fonte di frustrazione, ansia e insoddisfazione, tutti sintomi associati al burnout.
Come clinici e scienziati, i medici comprendono fondamentalmente che i dati e le raccomandazioni basate sull'evidenza migliorano la salute e la longevità dei pazienti. Tuttavia, i rapporti comparativi di performance, che contengono dati e raccomandazioni basate sull’evidenza, generano infelicità e risentimento.
In primis perché, secondo molti medici, questi inaridiscono la professione. Infatti, grazie ai progressi della scienza, i medici oggi sono dotati di approcci basati sull'evidenza basati su algoritmi computerizzati che producono risultati clinici superiori e salvano la vita dei pazienti. La cultura medica però ha sempre apprezzato l'autonomia, l'esperienza personale e la creatività del medico. Al contrario, il raggiungimento dei migliori punteggi comparativi delle prestazioni è una questione di attenersi a una serie di step definiti. Seguire costantemente queste linee guida sembra robotico e umiliante per i medici.
Un secondo problema riguarda il modo in cui i medici ricevono e percepiscono i dati comparativi delle prestazioni. Sulle relazioni, ogni medico è classificato con un punteggio. Per molti medici, brillanti studenti all’università, trovarsi magari nel mezzo di questa classifica, considerati dei semplici esecutori di media qualità, può avere lo stesso impatto di un calcio nello stomaco. Secondo il Dr. Pearl, i rapporti comparativi (mensili o trimestrali) non inducono i medici a migliorarsi per il bene dei loro pazienti. Piuttosto, li inducono a competere con gli altri nella loro specialità, incoraggiando così i medici a vedere i loro colleghi come minacce.
Secondo alcuni bisognerebbe smettere di misurare le prestazioni dei medici. Secondo il Dr. Pearl, invece, bisogna stimolare la performance collaborativa. Invece di mettere i medici l’uno contro l'altro, dovrebbero essere incoraggiati a lavorare insieme per migliorare le prestazioni di tutti.
È giunto il momento, scrive Pearl, di ridefinire l'approccio della medicina alle metriche di performance. Si inizia riconoscendo la difficile realtà che la metà dei medici non raggiunge standard di sufficienza. Questo fa sì che molti medici provino vergogna e delusione, ma potrebbe anche essere uno stimolo al miglioramento. Quasi tutti i medici hanno un settore in cui sono molto bravi, mentre in altri non riescono a soddisfare le aspettative. I responsabili sanitari possono utilizzare i dati per identificare le aree di forza di ciascun medico. Possono quindi incoraggiare coloro che hanno competenze maggiori ad aiutare gli altri a migliorare.
I responsabili sanitari hanno l'opportunità di abbracciare una “mentalità di crescita” e, di conseguenza, di rafforzare la collaborazione rispetto alla concorrenza. Sottolineando l'enorme impatto che questi parametri hanno sulla salute dei pazienti, facilitando anche i miglioramenti complessivi del gruppo, i responsabili sanitari possono riportare i medici alla missione fondamentale della medicina.
Quando la cultura si scontra con la scienza, l'unico modo per proteggere i pazienti è cambiare la cultura. I medici hanno l'opportunità di cambiare radicalmente la cultura della medicina. Usando le misurazioni delle performance come strumento educativo e lavorando insieme per rafforzare le prestazioni collettive, i medici di oggi possono migliorare la salute del paziente, aumentare lo spirito di gruppo clinico e diminuire i sintomi del burnout.
Fonte: Pearl R. The Unspoken Causes Of Physician Burnout. Forbes. Jul 8, 2019