In Italia, dall’inizio della pandemia, Facebook è diventato anche luogo di condivisione di protocolli terapeutici. Così, si legge di molecole e dosaggi tra un post di cucina ed un meme coi gattini. A marzo i medici avevano poche informazioni, oggi le informazioni sono molte di più, ma la maggior parte di queste ha sempre un certo margine di incertezza all’interno di scenari che mutano in continuazione. Incertezza determinata anche, va detto, da enti nazionali che non emanano direttive e da indicazioni locali/regionali che spesso si contraddicono fra loro. Ci vorrà ancora del tempo prima che l’argomento COVID-19 possa essere inserito in un libro di medicina con la trattazione completa ed esaustiva di tutti i suoi aspetti. Nel frattempo i pazienti hanno bisogno di cure e i medici, che si trovano senza solide evidenze scientifiche, provano ad affrontare il problema mettendo in condivisione su Facebook esperienze e ragionamento clinico.
I gruppi per soli medici (o presunti tali) sono molto attivi ed ospitano numerose discussioni in cui si chiedono pareri e si condividono conoscenze. In questa particolare condizione determinata dalla pandemia, per molti medici i gruppi Facebook sono diventati il luogo privilegiato per il mutuo-aiuto, nei quali si prova anche ad imbastire schemi terapeutici da poter tradurre nella pratica clinica. Gruppi Facebook, ma anche pagine Facebook di medici (più o meno) influencer. Non sono pochi infatti i post pubblici (leggibili, commentabili e condivisibili da tutti) che molti medici scrivono sulle loro pagine Facebook. Senza conoscenze consolidate sui meccanismi patogenetici del nuovo coronavirus e senza studi clinici robusti sugli aspetti clinici e terapeutici della malattia, questo continuo scambio di esperienze sul web secondo alcuni medici dà un contributo fondamentale nell’orientare il lavoro quotidiano. Per altri si tratta invece di discussioni e confronti che contraddicono i principi che fondano una comunità scientifica.
La medicina discussa sul web non è una situazione nuova e nemmeno lo è la discussione tramite social network che includa anche i non-medici, ma di certo è nuovo il fatto che il numero di persone coinvolte sia altissimo e altissima sia la risonanza dei messaggi in questo particolare momento storico. La pandemia infatti ha amplificato il potenziale della comunicazione medica in questa fase, con una serie di implicazioni, positive e negative, che probabilmente non sono ancora state messe sulla bilancia per determinarne gli effetti in modo definitivo. Non sappiamo ancora se discutere sui social network di schemi terapeutici non corroborati da evidenze consolidate sia, nel complesso, più utile (il rapido scambio di informazioni ed esperienze tra medici che lavorano in luoghi diversi consente di affinare le conoscenze e di mettele a disposizione di tutti i colleghi) o più dannoso (chi non è medico potrebbe usare male le informazioni che legge e magari arrivare ad assumere farmaci in modalità fai-da-te, senza consultare il proprio medico o andando contro le indicazioni del medico).
Di certo c'è che mancano solide evidenze scientifiche e che non è possibile muoversi in modo ordinario in una situazione straordinaria. In futuro sapremo se questo modo sarà stato efficace. Sicuramente, in questo nuovo scenario non saranno più solo i pazienti ad esclamare “l’ho letto su internet”, ma lo faranno anche i medici.
Qui di seguito trovate alcuni esempi dell'utilizzo che alcuni medici stanno facendo di Facebook (i post sono pubblici).