I rischi professionali nella terapia psichedelica

In una sessione tenuta durante la Conferenza INSIGHT 2023, il Prof. Dr. Matthew Johnson ha affrontato le sfide che i ricercatori, i terapeuti e la comunità scientifica coinvolta nell’ambito della terapia psichedelica devono affrontare.

Articolo tradotto dall'originale in inglese

Traiettorie pericolose nella scienza psichedelica

Durante la Conferenza INSIGHT 2023, il Prof. Dr. Johnson ha tenuto una conferenza dal titolo "Preparing of Approved Psychedelic Medicine: Dangerous Trajectories in Psychedelic Science"1. In essa ha affrontato alcune delle questioni più complesse che la comunità scientifica impegnata nello studio dei farmaci psichedelici si trova ad affrontare riguardo alle domande esistenziali che emergono nei pazienti durante le sedute di terapia, al ruolo delle icone, dei simboli e dei sistemi di credenze nei contesti terapeutici e all'importanza dell'autonomia nel modo in cui i pazienti conducono i loro processi terapeutici. Ha inoltre discusso il ruolo del terapeuta, i rischi delle dinamiche di potere con i pazienti e l'importanza della rigidità empirica nelle osservazioni scientifiche psichedeliche.
Il lavoro del Prof. Johnson con gli psichedelici dura da oltre 17 anni e include la prima terapia psichedelica per la dipendenza da tabacco, linee guida di sicurezza per le applicazioni degli psichedelici, raccomandazioni sulla loro classificazione come sostanze controllate e pubblicazioni che includono aspetti della terapia con psichedelici relativi alla sicurezza, al cambiamento comportamentale e al disturbo depressivo maggiore. È professore di farmacologia psichedelica alla Johns Hopkins University School of Medicine.

Le grandi domande

Il Prof. Johnson ha iniziato con una delle caratteristiche principali della terapia psichedelica. Quando un paziente reagisce all'esperienza psichedelica, spesso ne esce con grandi domande. Queste toccano questioni filosofiche, spirituali, metafisiche e persino semantiche. "I pazienti possono chiedersi: qual è la natura della realtà? Che cos'è il significato? Qualcosa ha un significato?  Esiste un Dio o qualcosa di simile?", ricorda il Prof. Johnson.
Rispetto alla giornata media di qualsiasi persona, chi è esposto a una dose elevata di psichedelici ha maggiori probabilità di trovarsi di fronte a tali domande. Per il Prof. Johnson, è utile confrontarsi con questi temi così importanti: "I nostri antenati potrebbero aver riflettuto su questo aspetto della vita mentre guardavano le stelle. Può essere utile ragionare su queste cose".
Tuttavia, il fatto che tali domande emergano nei contesti terapeutici ha suscitato una crescente preoccupazione nell'ultimo decennio in ambito di ricerca sugli psichedelici. Quando i pazienti sono alle prese con queste importanti domande, è importante costruire un modello che consenta ai professionisti medici, psicologi, psichiatri, infermieri e persino ai singoli utilizzatori di psichedelici, di aiutare al meglio le persone coinvolte nel contesto terapeutico per affrontare al meglio le domande e le situazioni che si presentano.

Quando le iconografie entrano nello spazio terapeutico

Come norma, spiega il Prof. Johnson, si dovrebbero conoscere quali input e informazioni i medici e i terapeuti presentano ai pazienti. Un esempio è quello della presenza di icone religiose negli spazi terapeutici. In alcuni luoghi possono essere presenti statue di Buddha, divinità indù o crocifissi. Ma in questi ambienti, né gli esperti né il contesto sono lì per suggerire o dire al paziente cosa credere o non credere.
Un ottimo suggerimento  è quello di lasciare al paziente la possibilità di portare la propria iconografia. Il paziente può portare in seduta foto di famiglia, simboli religiosi espliciti, persino meta-simboli di riferimento, dice il Prof. Johnson. Gli oggetti che portano vanno dagli acchiappasogni, agli amuleti, alle statue, alle figure religiose. Allo stesso modo, le persone possono venire a una seduta senza iconografie e trarre dall'esperienza tutto il valore e i benefici di cui hanno bisogno.

L’autobus è guidato dal paziente

Uno degli approcci principali è quindi quello di lasciare che sia il paziente, il cliente o il partecipante alla ricerca a "guidare l'autobus" delle domande che emergono durante la terapia e degli stimoli (visivi, spirituali, ecc.) che vogliono includere nella loro esperienza. Il Prof. Johnson ricorda di aver aggiunto questo approccio come commento in un articolo da lui pubblicato. Il riscontro è stato di persone grate perché queste domande "erano state una preoccupazione", ma anche di persone che hanno frainteso questo approccio come un modo per "imporre il materialismo a un paziente".
Una terapia psichedelica può assumere la forma di intuizioni metafisiche, oppure no. In certe comunità e ambienti (per esempio se un paziente è nero americano, del "profondo sud" degli Stati Uniti, o appartiene alle chiese battiste), spesso si fa riferimento a Gesù Cristo. Un individuo trae significato come paziente dal proprio sistema di credenze e il terapeuta è lì per fornire un supporto professionale e premuroso a quella persona, indipendentemente dalla dimensione spirituale che porta con sé. Tale dimensione può includere riferimenti a Gesù, al paradiso, oppure può anche non esserci alcun riferimento visivo. Per il Prof. Johnson è importante avere un rapporto di fiducia con il paziente e lasciare che sia lui a guidare il percorso attraverso la propria esperienza.

Scetticismo verso la terapia con gli psichedelici

Un punto importante sollevato dal Prof. Johnson riguarda la preoccupazione per i gruppi che non emergono nella ricerca sugli psichedelici. Alcune comunità religiose associano l'esperienza psichedelica a "qualcosa di diabolico" o vedono come i media parlano di questa ricerca e sviluppano scetticismo, nonostante i successi medici che la terapia può offrire. Ma questo scetticismo non è presente solo nelle comunità religiose.

Tutte le intuizioni possono contribuire alle osservazioni empiriche

Le questioni religiose, metafisiche o filosofiche che emergono nelle esperienze psichedeliche sono intriganti e complesse e, proprio come le discussioni sul problema della coscienza, esulano dal campo della scienza empirica. Ma questo non dovrebbe scoraggiare gli scienziati dal prendere in considerazione queste intuizioni per la ricerca. Il Prof. Johnson sostiene che quando un paziente contempla domande e concetti e si impegna in discussioni sostenute da immagini o dai riferimenti a sua disposizione, questo è di per sé importante: "Come scienziato, sono anche interessato a questo impegno come punto di riferimento. Non dimostra una verità di fondo, ma vale la pena registrare che è emerso".

Il complesso del guru

I professionisti che hanno partecipato a sedute di psilocibina-terapia come guida sono consapevoli dell'intensità che il paziente può manifestare quando gli effetti psichedelici svaniscono. A volte un paziente può spiegare di aver appena vissuto "l'esperienza più significativa della mia vita". Ma che rapporto ha con l'esperto? Il Prof. Johnson sottolinea l'importanza di un'etica professionale solida. L'intera rete di medici, assistenti sociali, infermieri e tutte le professioni rilevanti per il processo terapeutico con gli psichedelici trae vantaggio dalla definizione di standard e confini chiari che possano consentire ai professionisti del settore medico di fornire un supporto pertinente al paziente.
Il Prof. Johnson è consapevole del rischio di dinamiche di potere tra i professionisti che facilitano la terapia e il paziente. I potenziali rituali e le gerarchie sociali che si possono instaurare richiedono che i professionisti siano consapevoli dei limiti, dei consigli e dell'aggiunta dei propri approcci soggettivi alla terapia.
Inoltre, in questi contesti, dispensare consigli spirituali o opinioni personali può non essere così indifferente come sembra. Il Prof. Johnson ricorda un caso in cui un paziente ha condiviso con un medico un'esperienza specifica di una seduta psichedelica. In risposta, il professionista notò delle somiglianze con l'esperienza kundalini2. Il paziente fece ricerche approfondite sull'argomento e si imbatté in letteratura che suggeriva un rischio di morte nelle esperienze kundalini. Questo è stato motivo di preoccupazione per il paziente, poiché questo non era previsto nei moduli di divulgazione della terapia.
Dettagli che possono sembrare secondari, potrebbero avere implicazioni più ampie in un contesto di terapia psichedelica. Il Prof. Johnson invita i professionisti a essere consapevoli dei rischi che si corrono andando oltre i loro ruoli e la loro formazione, che sono pertinenti in quel contesto.

Eccezionalismo psichedelico

Alcune delle esperienze descritte dai pazienti sembrano trascendentali. Questo può alimentare la tesi di un "eccezionalismo psichedelico". A volte, chi lavora nella ricerca sugli psichedelici incontra persone che affermano che "questo lavoro salverà la specie umana". Tali affermazioni, sottolinea il Prof. Johnson, rischiano di sostenere la convinzione che "tutto è giustificato". Ci ricorda che l'approccio dell'eccezionalismo non tiene conto delle lezioni della ricerca psichedelica degli anni Sessanta, ricordando che, sebbene accademici come Timothy Leary abbiano svolto un lavoro importante, hanno anche fatto alcune cose che non possono essere ripetute nella ricerca scientifica sugli psichedelici3.
Il Prof. Johnson ha sottolineato l'importanza dell'onestà, dei fatti, dell'apertura alle critiche e dell'umiltà nel lavoro scientifico, aggiungendo alcune riflessioni finali per coloro che sono coinvolti nello sviluppo della medicina psichedelica:


Note e riferimenti
1. INSIGHT Conference 2023. 1 September 2023, 09:30-10:00. Lecturer: Prof. Dr. Matthew Johnson. Session: “Preparing of Approved Psychedelic Medicine: Dangerous Trajectories in Psychedelic Science”. Track 1: Therapy.
2. Nota dell'autore: conosciuto anche come "risveglio di kundalini", questo concetto deriva da alcune scuole di pensiero indù e descrive un'intensa esperienza psicofisica che si verifica dopo un prolungato impegno in alcune pratiche spirituali, emotive e fisiche.
3. Nota dell'autore: la pagina del Dipartimento di Psicologia dell'Università di Harvard su Timothy Leary riporta, ad esempio, le critiche sulla mancanza di rigore metodologico nelle sue ricerche, sui problemi di sicurezza per i pazienti o sulla sua attiva promozione dell'uso ricreativo di psicotropi.

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